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Biografia e Attività

Guido Antoni

(Trieste, 29 aprile 1919 – Muggia, 17 ottobre 2007) è stato un pittore italiano.

Antoni assecondò la sua vocazione al disegno, dipingendo il primo quadro a 14 anni. I genitori lo volevano ingegnere, ma lui, temperamento poliedrico e innovativo, scelse l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Dopo la guerra (soppravvissuto alla tragedia dell’Armir), per vivere si dedicò al restauro di quadri antichi. Ma continuò a dipingere, finchè nel 1958, spinto da Chino Alessi, paròn del «Piccolo», allestì la sua prima mostra. Fu un successo. Anche se, schivo com’è sempre stato e incapace di mercanteggiare, non avendola cercata, Antoni non ha mai avuto la «fortuna» di altri artisti, come Fontana o Pistoletto. «Ma forse è stato meglio così, perchè il successo non faceva per noi», disse la moglie Maria dopo un incontro con Leo Castelli, il maggior gallerista del mondo.

Guido Antoni è tra i pittori triestini più noti fuori della sua città. Anzi, diciamo pure che è più noto all’estero che in Italia. Sue opere sono accolte nelle pinacoteche, nei musei e nelle collezioni più importanti da Madrid a Londra, da Parigi a Stoccolma, da New York a Mosca.
«Che sia un pittore davvero, di quelli con l’iniziale maiuscola? Ho paura di sì» affermò trent’anni fa suo cugino, lo scrittore Stelio Mattioni, in un elzeviro sul «Piccolo».
È comunque un artista che incarna un esempio unico d’autonomia stilistica ed esistenziale nella storia della pittura del Friuli Venezia Giulia del dopoguerra, come ha scritto il critico Franco Savadori, al quale si devono omaggi a Guido Antoni: «Il silenzio dello spazio», allestita a Gradisca e a Monfalcone, l’antologica «Solitudine e ricerca: 1956-2004» a palazzo Orgnani-Martina di Venzone e la mostra «Ipotesi compositive», inaugurata a Trieste in occasione della Barcolana nella sede della Camera di Commercio.

«Posso definirmi a ragione uno spazialista – ammetteva Guido – nel senso che parte non trascurabile della mia opera è stata incentrata attorno agli spazi siderali, al rapporto che l’essere umano deve costituire con il proprio spazio interiore, nonché con quello teologico trascendentale, rispondente al concetto di Dio. Che poi m’interessi bollarmi con qualche ”ismo”, direi proprio di no. Durante l’arco di tutta la mia vita ho dedicato le mie energie alla pura pittura, senza preconcetti, faziosità o smanie corporative. Ho saputo stare con tutti, proprio perchè, alla resa dei conti, non sono mai stato con qualcuno se non con me stesso».

Antoni è piuttosto legato al grande mistero dello spazio come Creato, opera divina, più che al mero «spazialismo». Per questo ha affascinato anche gli scienziati (a partire da quelli del Centro di fisica), con le sue opere, fin dal 1969, quando con settanta grandi tele in mostra alla Fiera di Montebello anticipò di due mesi la «visione» dello sbarco dell’uomo sulla Luna. Un sorprendente immaginario scientifico, che parallelamente cercava di districare il groviglio mentale della quotidianità e di trovare nuovi appigli – spirituali – per una nuova dimensione dell’uomo.

Dopo aver attraversato le fasi del Pendolo, del Movimento, del rapporto spazio/tempo e uomo/spazio e spazio/mente, con ampie digressioni creative e professionali (il ciclo della danza, il ciclo della moda, la ritrattistica, in cui eccelleva, nonostante non gli piacesse praticarla), Guido – dopo l’ictus – era sempre più attratto all’insù, come una forza gravitazionale all’incontrario: «Io ci provo ancora, ogni giorno, a salire» disse in un’intervista.
E a Franco Savadori spiegava che «dalla fine degli anni ’90 ho sempre più sentito la necessità di conciliare il mio versante religioso con quello pittorico». Ecco, dunque, accanto alle opere dedicate alle Regole del Caos, la leggerezza vaporosa dei Fiori e delle Foglie, i numerosi Capricci, la Nature morte e la magnifica ultima serie delle Vele, «oasi defatiganti tra un’opera spaziale e l’altra», mentre Guido continuava giorno dopo giorno a sviluppare il tema della retta, «simbolo estremo dell’amoralità del mondo», perchè, diceva, «passa cose, sentimenti, persone, senza farsene troppi scrupoli, come ogni giorno, purtroppo, abbiamo modo di constatare».

Guido ha vissuto in simbiosi con la moglie Maria, che lo ha assistito amorevolmente negli ultimi anni, quando pur costretto dall’infermità tra le mura di casa, Guido continuava a dipingere – la sua ragione di vita – quadri sempre più rarefatti, eterei. Soprattutto fiori e vele di assoluta levità e dolcezza cromatica, come aliti di vento (fantasmi di vita) posatisi sulla tela. Qui più che mai vale il parere di Ennio Emili: «La pittura di Antoni emana radiosità. Antoni lavora con gioia, con la gioia tattile e sensuale del cromatismo materico, con la gioia degli antichi, dei grandi maestri di bottega».

Opere dell'autore

Mostra De Chirico


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